Gentile Socio, Cittadino, Collega,
Oggi siamo qui per festeggiare i trent’anni dal 27 Marzo 1992. In quella data venne promulgato Il decreto del Presidente della Repubblica “Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza”, che pose finalmente ordine nella risposta sanitaria territoriale a tutte quelle situazioni che possano rientrare a pieno titolo nell'area dell'emergenza urgenza.
Un atto normativo coraggioso per l’epoca che denota, accanto ad una importante visione ed attenzione a quelle che erano le necessità della cittadinanza, la presa di coscienza di una situazione che già nei decenni precedenti aveva dimostrato tutti i propri limiti operativi.
Fino dagli anni 70, con la strage di Murazze di Vado, fino ad arrivare agli anni 80 con la strage di Bologna, era risultato evidente come fosse necessario un maggiore coordinamento delle forze di prima risposta. È bene ricordare come, in quegli anni, si potesse accedere al servizio di autoambulanza soltanto componendo i numeri delle varie associazioni in cui questi mezzi erano presenti. Ciò poteva comportare, nella migliore delle ipotesi, l'invio di più mezzi su di un singolo evento, senza che ciò fosse necessario o, nella peggiore delle eventualità, l'assoluta non disponibilità di mezzi da inviare.
Il lavoro di alcuni operatori illuminati, tra i quali ci fa piacere ricordare il collega Marco Vigna, e la disponibilità della politica ad accogliere le loro istanze, portarono a promulgare il decreto del 27 marzo 1992. Ma questo, è bene ricordarlo, fu solo l'inizio, in quanto alcuni anni ancora furono attesi prima di poter vedere operative le prime centrali 118. Ancora più anni, arrivando in alcuni casi addirittura vicini ai giorni nostri, furono necessari per vedere implementato in maniera capillare il sistema su tutto il territorio nazionale.
Fino da subito, come ben definito, negli articoli 4 e 10 del DPR ’92, apparve centrale il ruolo che il legislatore volle riservare al personale infermieristico, sia sul territorio che all'interno delle centrali operative.
Un infermiere, quello degli anni ’90, peraltro molto diverso da quello odierno, ancora legato ai vincoli operativi e normativi portati dal mansionario che, di lì a pochi anni, sarebbe stato abolito.
Negli anni la figura infermieristica ha acquisito sempre maggiori competenze grazie ad una offerta formativa variegata e specifica che lo ha portato ad ottenere percorsi di laurea magistrale, master e dottorati di ricerca.
Per quello che concerne il sistema 118, pure essendosi ampliate molto le competenze, come appena detto, l’agire infermieristico sul territorio è rimasto legato negli ultimi trent’anni, essenzialmente, a quell’articolo 10 del DPR ’92 che recita “Il personale infermieristico professionale, nello svolgimento del servizio di emergenza, può essere autorizzato a praticare iniezioni per via endovena e fleboclisi nonché a svolgere le altre attività e manovre atte a salvaguardare le funzioni vitali previste dai protocolli decisi dal medico responsabile del servizio”.
Una rivoluzione, certo, per gli anni ’90, che ha letteralmente permesso agli infermieri di mettere a disposizione del sistema 118 neo nato le loro competenze, ma una declinazione troppo generica per i tempi attuali, di certo eccessivamente legata alla visione più o meno illuminata dei singoli direttori di struttura e totalmente svincolata dal rispetto e dall’aderenza alle linee guida, condizione ritenuta in seguito imprescindibile secondo quanto anche previsto dalla Legge Gelli-Bianco.
Riteniamo oggi, con l’esperienza che ha visto gli infermieri protagonisti nel dare forma, giorno per giorno, a quanto disegnato dal DRP ’92, che sia il momento per un cambiamento strutturale del sistema 118. Un sistema che non può che essere sinergico con le CUR 112, che stanno ormai nascendo in tutta Italia, e con le quali debba esservi una condivisione continua di informazioni e tecnologie, senza che queste diventino inutilmente e dispendiosamente ridondanti ma che, anzi, sfruttino le reti per centralizzare i processi in maniera dinamica, portando una ricaduta positiva in termini di efficienza ed efficacia sulla cittadinanza.
Riteniamo non più procrastinabile, vista l’ampia presenza infermieristica sui mezzi di soccorso e nelle centrali operative, che questa presenza sia valorizzata, sotto ogni punto di vista, in special modo per quanto riguarda il riconoscimento delle competenze espresse.
Come infermieri vediamo un sistema che esprima tutte le professionalità, a partire da quella medica, importantissima, che proprio data la sua importanza non può che vedere impiegati in esso specialisti estremamente capaci e formati, sempre in grado di fare la differenza grazie ad un importante know how acquisito in specifiche scuole di specialità.
Per quanto concerne il personale infermieristico, riteniamo opportuno che si proceda finalmente al l’implementazione del percorso specialistico post laurea in emergenza urgenza, così come già da tempo proposto dalla Federazione Nazionale degli Ordini, non prescindendo comunque da una esperienza pregressa in aree intensive o di emergenza urgenza come requisito per l’accesso al sistema 118. Necessario, poi, prevedere uno standard procedurale comune a livello nazionale, sottoposto a revisione periodica per quanto concerne l’aderenza alle ultime linee guida, che allinei l’agire del personale infermieristico in tutti i sistemi di emergenza extraospedaliera, svincolando tali attività dalla responsabilità decisionale diretta dei singoli direttori di struttura.
Per quanto riguarda le centrali operative riteniamo necessario definire come l’infermiere sia il professionista che detiene la titolarità gestionale e di percorso del processo di triage telefonico della chiamata di emergenza, esattamente come accade per il triage di pronto soccorso, e come questo si possa, e si debba avvalere in caso di necessità, di consulenza da parte del medico presente in centrale operativa. Un lavoro di equipe multiprofessionale, quindi, da implementare all’interno delle centrali operative, tra centrali operative e territorio e direttamente sul territorio, utilizzando le varie professionalità in maniera dinamica là dove servono e nel momento preciso in cui queste sono necessarie.
Riteniamo altresì che le elevate competenze infermieristiche possano e debbano essere messe a frutto anche e soprattutto nell’ambito territoriale, attraverso la gestione diretta, o in equipe là dove questo sia necessario in base alle condizioni del paziente assistito, dei percorsi tempo dipendenti, della gestione del dolore acuto e degli interventi salva vita, attraverso appositi strumenti operativi come poco fa espresso.
Necessario, infine, intervenire nella regolamentazione delle figure tecniche, quali gli autisti soccorritori, che da tempo attendono di vedere il loro ruolo definito normativamente, con una indubbia ricaduta positiva su tutto il sistema.
Riteniamo che quanto sopra possa essere ottenuto solamente riportando tutto il personale professionista sotto l’alveo del Sistema Sanitario Nazionale, prevedendo e rafforzando le forme di collaborazione tra la compagine professionale, afferente dal servizio pubblico, e le reti nazionali del volontariato. Opportuno, in ultimo, prevedere un sistema unico nazionale di monitoraggio della qualità delle prestazioni erogate che consenta una reale valutazione, al giorno d’oggi possibile solo in parte, delle prestazioni erogate in termini di efficacia ed efficienza.
Un sistema, quindi, in continuo divenire da trent’anni, che in questo tempo ha certamente salvato migliaia di vite umane e che oggi ha la grande occasione di vedere compiersi una importante riforma che unisca visione del futuro ad accoglimento di quelle che sono state le esperienze vincenti che in questo tempo abbiamo saputo creare nel Paese.
Una occasione che tutti insieme abbiamo il dovere di cogliere, una occasione per la quale gli infermieri di emergenza territoriale sapranno concentrare ogni loro sforzo mettendo a disposizione le proprie competenze.
Roberto Romano
Presidente SIIET
Comments